LA NUOVA VITA DELLA “GRANDE MELA”: UN RACCONTO-MANIFESTO DELLA METAMORFOSI DI NEW YORK

L’AUTORE, GIANLUCA GALLETTO, è STATO OSPITE DI POLISCIENZA, LA RASSEGNA DI LIBRI PROMOSSA DAL POLITECNICO DI BARI. HA SPIEGATO COME LA CITTà è DIVENTATA UN GRANDE HUB DI TECNOLOGIA E INNOVAZIONE, con qualche proposta per l’Italia

C’era una volta la New York dei racconti di Woody Allen. Uno skyline unico al mondo, brulicante giorno e notte di intellettuali provenienti da ogni angolo del pianeta. Di geniali e stravaganti artisti. Di acuti psicanalisti e di rampanti affaristi. Oggi l’iconica metropoli di Broadway, di Wall Street, di Sex and the City è un’immagine sbiadita. Una nuova vocazione sta emergendo e in alcuni settori è già predominante: la Grande Mela è diventata un gigantesco hub di imprenditori e startupper visionari, creativi digitali, investitori dei settori più avanzati e green, promotori di nuovi stili di vita e di sviluppo sostenibile.

Così la descrive Gianluca Galletto, manager di origini pugliesi trapiantato da trent’anni negli States, nel suo saggio Viva New York. Rinasce la Grande Mela, un’occasione anche per l’Italia (Paesi Edizioni, 2023). Il libro è stato presentato nella PoliLibrary del Politecnico di Bari, la biblioteca di comunità aperta al territorio, al secondo dei cinque appuntamenti di PoliScienza, rassegna letteraria promossa dal Politecnico e dedicata al tema della divulgazione scientifica in ambito di tecnologia e innovazione. Esperto di startup e venture capital (investimenti ad alto rischio), di strategie di attrazione e di pianificazione urbana, Galletto è anche un appassionato di storia e, soprattutto, di politica. È stato uno stretto collaboratore di Bill de Blasio, ex sindaco di New York e ha lavorato in importanti campagne elettorali, tra cui quella di Barack Obama e Al Gore.

Gianluca Galletto, al centro, presenta il libro Viva New Yorlk alla PoliLibrary

Nel suo saggio, il manager italo-americano racconta come la città sia diventata il laboratorio di un nuovo capitalismo multiculturale, in grado di offrire servizi sociali e favorire lo sviluppo di nuove tecnologie. «Un modello a cui dovrebbero ispirarsi le città italiane», ha detto l’autore al pubblico di PoliScienza, dialogando con i giornalisti Natascha Lusenti e Angelo Pannofino nel ruolo di moderatori dell’incontro. In sala erano presenti molti studenti, anche delle scuole superiori, in particolare quelli del liceo “Galileo Galilei” di Bitonto in qualità di partner del Politecnico. Il rettore, Francesco Cupertino, ha infatti consegnato alla delegazione del Galilei un simbolico riconoscimento di stima, essendo tra le scuole da cui proviene il maggior numero di diplomati che si immatricolano al Politecnico (ad ogni appuntamento di PoliScienza partecipa una scuola). Ai giovani, più di tutti, è destinato il messaggio di questa rassegna letteraria e, guardando un po’ più oltre, la missione stessa dell’ateneo.

Il rettore del Politecnico, Francesco Cupertino, consegna la targa alla delegazione del “Galilei”

«Oggi parliamo degli Stati Uniti – ha detto il rettore nel suo intervento di apertura – ma parliamo soprattutto di noi e del nostro futuro. Il libro di Galletto – ha aggiunto – mi fa ripercorrere alcune delle esperienze più significative vissute in America durante il mio percorso accademico, storie di innovazione che ho cercato poi di riproporre qui, per dare un contributo di sviluppo al mio ateneo, al territorio, alla comunità». Come i laboratori pubblico-privati, un modello di collaborazione tra università e impresa dove si fa ricerca e sviluppo per l’industria, nei settori più avanzati e promettenti.

Di queste strutture, avviate in modo sperimentale una decina d’anni fa al Politecnico, oggi l’ateneo ne possiede già sedici, in collaborazione con grandi aziende e multinazionali. Di esperienze simili, sebbene realizzate in proporzioni molto più grandi, ha parlato anche Galletto riferendosi, ad esempio, al caso di Cornell Tech: il campus universitario e centro di ricerca della Cornell University, a Manhattan, in collaborazione con il Technion-Israel Institute of Technology e dove hanno base alcuni giganti come Google, Tata, Ferrero. Il modello collaborativo newyorkese, in realtà, si estende ad altri ambiti di sperimentazione. Come i servizi sociali, dove le iniezioni di ingenti fondi pubblici hanno consentito, per esempio, di ristrutturare un grande blocco di case popolari fatiscenti e a rischio di demolizione, in collaborazione con una cordata di costruttori locali.

Agevolata dalla mano pubblica, spiega Galletto in “Viva New York”, la città è arrivata al secondo posto nel mondo dopo la celebre Silicon Valley, come hub di innovazione tecnologica, per numero di startup e investimenti in venture capital, posizionandosi al primo posto nelle scienze della vita e nell’imprenditoria femminile. In chiusura, Galletto ha fatto alcune proposte per chi vuole sperimentare il modello newyorkese in Italia, che sono raccolte nell’ultima parte del suo libro. Come la “Big Idea”, un concorso di idee per interventi di innovazione urbana, che parte con un avviso del Comune e si conclude, dopo un periodo di dibattito pubblico, con la selezione del progetto più convincente e l’affidamento al proponente, insieme ad una bella fetta di finanziamento pubblico. Un motivo in più per andare a scoprire come funziona oggi La  Grande Mela. E, magari, scoprire davvero nuove opportunità anche per l’Italia.      

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