Il recupero ambientale del Mar Piccolo di Taranto

MAR PICCOLO Taranto

Ambiente & Ricerca. Pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature-Scientific Reports” la prima ricerca multidisciplinare che propone un modello concettuale del sistema marino contaminato di indirizzo per la gestione del rischio ambientale e per la scelta di soluzioni di mitigazione sostenibili

I risultati della prima ricerca multidisciplinare dedicata al recupero ambientale del Mar Piccolo di Taranto sono stati pubblicati il 17 febbraio sulla prestigiosa rivista internazionale, «Nature – Scientific Reports». 

Le attività scientifiche, durate tre anni, hanno rappresentato l’azione corale di diversi gruppi di ricerca del Politecnico di Bari (alcuni non citati dall’articolo), afferenti principalmente ai Dipartimenti di Ingegneria Civile, Ambientale, del Territorio, Edile e di Chimica e Dipartimento di Ingegneria Elettrica e dell’Informazione; dell’Università “Aldo Moro” di Bari (Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali e Dipartimento di Biologia); del CNR (IRSA, sedi di Taranto e Bari), con il coordinamento e il sostegno del Commissario Straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto (2014-2020), coautore dell’articolo. 

La prima pagina della ricerca pubblicata su Nature – Scientific Reports

Il contributo scientifico, dal titolo, “A geo-chemo-mechanical study of a highly polluted marine system (Taranto, Italy) for the enhancement of the conceptual site model” (Uno studio geo-chemo-meccanico di un sistema fortemente contaminato – Mar Piccolo Taranto, Italia – per la definizione di un avanzato Modello Concettuale di Sito), racchiuso in 53 pagine, presenta i risultati scientifici del lavoro dell’ampio gruppo di ricercatori di diverse aree scientifiche, e identifica un modello di indirizzo per la gestione del rischio ambientale.
Il lavoro, infatti, presenta una diagnosi avanzata delle condizioni di contaminazione del Mar Piccolo, sito di interesse nazionale (SIN), di elevata complessità ambientale e sede di dinamiche di mobilità dei contaminanti che sono fonte di pericolo per la società civile e di degrado del pregiato ecosistema che il sito ospita.
L’elevato tenore scientifico dei risultati dello studio è stato riconosciuto dall’importante rivista scientifica internazionale del Gruppo Nature, Nature – Scientific Reports”, che li ha pubblicati; Sci Rep 11, 4017 (2021). 

Piattaforma, posizione 1

Il Mar Piccolo, oggetto delle attività di ricerca, è infatti, il cuore pulsante dell’Area di crisi ambientale di Taranto, una delle più grandi d’Europa. Questo sito, che rappresenta un unicum nel suo genere per la compresenza di una riserva naturale di specie protette, di attività di coltivazione di mitili, di strutture di manutenzione navale e di una base navale strategica, è stato aggredito negli ultimi decenni da alte concentrazioni di metalli pesanti e di contaminanti organici.
Nell’ottica di una gestione sostenibile, è stata condotta, dal 2014 al 2017, un’attività diagnostica metodologicamente innovativa, in quanto multiscalare e fortemente multidisciplinare, per l’oggettivazione della distribuzione nei sedimenti di contaminanti potenzialmente tossici e della loro disponibilità alla migrazione verso diverse matrici ambientali.
I risultati del lavoro rappresentano un benchmark nel campo di studi scientifici finalizzati alla messa in sicurezza di siti contaminati complessi, di cui il Mar Piccolo di Taranto rappresenta uno straordinario laboratorio a cielo aperto. Infatti, da un punto di vista tecnico—scientifico, è stato utilizzato un approccio innovativo rispetto a quello delle indagini tradizionali per i siti contaminati, in cui viene solitamente svolta una caratterizzazione chimica dei contaminanti nei sedimenti e nella colonna d’acqua, che ne permette la conoscenza in termini solo di concentrazione e distribuzione. La metodologia adottata in questo studio è stata invece volta a caratterizzare anche tutti i fattori del sistema che possono condizionare la mobilità del contaminante, con l’obiettivo di stimare in che termini esso possa passare da una all’altra delle matrici ambientali del sistema, fra cui quella biologica, diventando fonte di danno per l’uomo. Infatti, la previsione del danno che un contaminante può indurre, dunque del rischio da contaminazione di un sito, deve includere non solo la conoscenza della concentrazione e della distribuzione del contaminante, ma anche la stima del suo destino nel tempo.

Per perseguire questo obiettivo, sono state condotte indagini multidisciplinari, integrando diverse competenze per caratterizzare tutte le grandezze, sia fisiche che chimiche, che influenzano la mobilità dei contaminanti. Si è così giunti a valutare le concentrazioni dei contaminanti, le ragioni della loro distribuzione e la loro disponibilità a muoversi, nonché le fonti di mobilità su cui basare l’identificazione degli interventi di messa in sicurezza più sostenibili

La nuova strategia di indagine ha evidenziato l’origine litogenica di alcuni dei metalli pesanti presenti nei sedimenti e la necessità di rivisitare i limiti normativi del sito, sulla base della variabilità geochimica sito-specifica. È stata inoltre verificata la bassissima consistenza dei sedimenti superficiali, anche connessa alla presenza di grandi quantità di materia organica, evidenziando la propensione dei sedimenti a subire processi di rimaneggiamento e risospensione che incidono sul rischio e condizionano la progettazione delle soluzioni di mitigazione. Il modello del sito ha messo in luce, altresì, l’influenza della contaminazione sulle proprietà idro-meccaniche dei sedimenti, trascurate prima d’ora nelle proposte di misure di mitigazione del rischio.
I risultati ottenuti dimostrano quanto le misure di mitigazione siano calibrabili nell’ottica della sostenibilità (Sustainable Development Goals – SDGs – Agenda 2030 delle Nazioni Unite) se viene preventivamente acquisita una conoscenza esaustiva dei processi attivi nel sistema, che possono coinvolgere le diverse forme di contaminazione.
I risultati prodotti, e in parte discussi nella pubblicazione, sono altresì stati messi a base della procedura innovativa per l’instaurazione di un partenariato per l’innovazione, ai sensi dell’art. 65 D.Lgs. n 50/2016, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 95 del D.Lgs. n. 50/2016, per l’Affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva e della realizzazione degli interventi di risanamento ambientale e messa in sicurezza dei sedimenti nelle aree prioritarie del Mar Piccolo di Taranto, Primo seno, mediante dimostrazione tecnologica (importo complessivo dell’appalto presunto € 32.276.250,00).

Guarda il servizio del TGR Puglia

Ecco chi sono gli autori dell’articolo pubblicato su “Nature – Scientific Reports”

Per il Politecnico di Bari, i Professori Federica Cotecchia, Claudia Vitone e Michele Notarnicola, i Dottori Matilda Mali e Francesca Sollecito, e diversi altri autori afferenti al DICATECh e al DEI.

Per l’Università di Bari, i Professori Giuseppe Mastronuzzi, Massimo Moretti, Emanuela Schingaro e Agata Siniscalchi e diversi ricercatori del DISTEGEO, ed il prof. Angelo Tursi ed alcuni ricercatori del Dipartimento di Biologia.

Per il CNR-IRSA (sedi di Bari e Taranto), i Dottori Vito Felice Uricchio, Giuseppe Mascolo, Nicola Cardellicchio, Antonella Di Leo e diversi ricercatori. 

Inoltre, sono autori dell’articolo alcuni membri dello staff del Commissario Straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto (2014-2020), dott.ssa Vera Corbelli, che, quale coordinatrice dell’intero studio, è ultimo autore dell’articolo.

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